Storia dei tatuaggi
La pratica del tatuaggio ha origini antichissime, e ripercorrere la storia del tatuaggiosignifica in qualche modo ripercorrere la storia stessa dell’uomo, poiché la prassi di disegnare il proprio corpo con i simboli più disparati ha accomunato praticamente tutte le culture, sebbene con modalità e scopi anche molto diversi.
Storia del tatuaggio:
Otzi e (forse) i primi tatuaggi
La testimonianza più antica che ci è pervenuta risale a circa 5300 anni fa, epoca alla quale gli esperti attribuiscono la mummia di un uomo ottimamente conservata ritrovata sulle Alpi Venoste (o Otzaler in tedesco); Otzi, come è stata soprannominata, presenta sul corpo circa 57 veri e propri tatuaggi, ottenuti sfregando carbone polverizzato su incisioni verticali della cute, presumibilmente a scopo terapeutico per lenire i dolori dovuti all’artrite. Molte sono comunque le valenze che il tatuaggio ha assunto attraverso i secoli nelle varie culture, e la storia dei tatuaggi è stata molto variegata a seconda delle diverse aree geografiche.
Nell’antico Egitto sono state rinvenute pitture funerarie che mostrano tatuaggi sui corpi delle danzatrici, e anche alcune mummie femminili databili intorno al 2000 a.C. presentano segni di tatuaggi.
Presso i Celti, poi, era usanza tatuarsi sul corpo i simboli dei temi portanti della propria cultura, la vita ed il suo ciclo, la supremazia della natura, e quindi delle divinità animali quali il toro, il cinghiale, gli uccelli ed i pesci. Alterne vicende invece ha avuto il tatuaggio presso gli antichi Romani. Poiché essi credevano fermamente nella purezza ed intangibilità del corpo, il tatuaggio era inizialmente utilizzato esclusivamente per marchiare criminali e condannati; tuttavia, pare che il contatto con i guerrieri Britanni, che ostentavano tatuaggi sul corpo come segni distintivi d’onore, abbia influenzato le legioni romane al punto di importare in patria questa pratica che doveva comunicare agli occhi del nemico la forza e la ferocia dei guerrieri. Anche tra i cristiani il tatuaggio è stato apprezzato a fasi alterne; se i protocristiani se ne servivano per tracciare sulla propria pelle i simboli della fede, questa usanza fu in seguito vietata espressamente da papa Adriano nel 787 d.C., ma ancora nell’XI e XII secolo i Crociati portavano sul corpo il tatuaggio della Croce di Gerusalemme, che serviva anche per riconoscere i corpi dei caduti sul campo di battaglia e dare loro appropriata sepoltura secondo i sacramenti.
Dopo il XII secolo, il tatuaggio sembra scomparire dall’Europa, mentre continua a fiorire negli altri continenti, e la storia del tatuaggio prende pieghe diverse nelle varie culture.
In Giappone il tatuaggio, pur avendo origini antichissime che risalgono fino al V secolo a.C., ha conosciuto il suo primo periodo di grande diffusione nel periodo Edo, dal 1603 al 1686; dal suo utilizzo originario di marchio indelebile per i criminali ad un uso più squisitamente decorativo, è stato in tempi diversi accettato o addirittura bandito dalla legge. Pare che l’origine del tatuaggio tradizionale giapponese sia da attribuire al divieto imposto alle persone di basso rango di indossare kimono decorati; queste stesse persone, in segno di ribellione, cominciarono a portare sulla pelle, nascosti dai vestiti, enormi tatuaggi che coprivano tutto il corpo fino al collo, alle ginocchia ed ai gomiti, in quella che oggi viene definita la classica forma “a vestitino”. Nonostante tale pratica fosse stata dichiarata illegale nel 1870, i tatuaggi continuarono a fiorire nell’ombra. Non stupisce dunque che il “proibito” tatuaggio sia divenuto molto comune tra gli appartenenti alla Yakuza, la cosiddetta mafia giapponese, i cui membri appunto usavano ed usano ricoprirsi il corpo di tatuaggi per evidenziare la loro affiliazione e per sottolineare mediante quei simboli gli ideali che intendono emulare. In Persia i tatuaggi erano estremamente diffusi, insieme ad i piercing ed alle scarificazioni, soprattutto sotto la dinastia degli Achemenidi, dalla metà del VI secolo a.C. fino all’assassinio di Dario III ad opera di Alessandro Magno nel 330 a.C.. L’imperatore stesso, ritenuto un dio, era solito tatuarsi massicciamente viso e collo, e portare piercing e scarificazioni in quantità, per ribadire la sua supremazia nei confronti del resto della popolazione.
Della diffusione e della storia del tatuaggio presso le isole del Centro e Sud Pacifico l’Europa è venuta a conoscenza solo nei primi anni del 1700, quando i marinai ebbero i primi contatti con le popolazione indigene di quei luoghi remoti, che attribuivano al tatuaggio una grande importanza culturale e sociale. È nel 1769 che il capitano inglese James Cook, approdato a Tahiti, trascrive nei propri appunti per la prima volta la parola tattow, poi tattoo, derivata dal termine onomatopeico tau-tau, che indicava il rumore prodotto dal picchiettare del legno sull’ago per bucare la pelle. Proprio grazie agli appunti del Capitano è stato possibile sapere che uno dei metodi più utilizzati dai tahitiani per tatuare era quello di servirsi di una conchiglia affilata attaccata ad un bastoncino.
A Samoa era diffuso il pe’a, una forma di tatuaggio su tutto il corpo che richiedeva anche 5 giorni per essere realizzato, e chi riusciva a sopportare con coraggio il dolore veniva onorato con grandi feste. In Borneo gli indigeni erano soliti tatuarsi un occhio sul palmo della mano come guida spirituale per il passaggio nell’aldilà, mentre alle Hawaii tatuarsi tre punti sulla lingua era considerato terapeutico per il dolore. In Nuova Zelanda i Maori si tatuavano completamente il viso con un tatuaggio detto moko, che aveva la funzione di raccontare attraverso i segni la storia personale di ciascuno, e che quindi era assolutamente personalizzato ed unico. I moko identificavano il portatore come appartenente ad una certa famiglia, classe, tribù, e raccontavano le conquiste ottenute nel corso della vita. Le donne usavano tatuarsi solo il mento di colore nero per simboleggiare l’unione con un guerriero maori. A differenza del moko, la cui riproduzione rappresentava un’offesa per la cultura Maori, i tatuaggi kirituhi erano più squisitamente decorativi, e anche persone non appartenenti alle tribù potevano riprodurli.
Molti dei marinai ed aristocratici che venivano a contatto con le popolazioni del Pacifico, tornati in madrepatria, si facevano praticare vari tatuaggi che prendevano ispirazione da quelli visti durante i loro viaggi, e grazie al loro esempio avvenne un ritorno in grande stile del tatuaggio anche in Occidente. Nel 1891 una ulteriore svolta nella storia del tatuaggio: l’inventore statunitense Samuel O’Reilly brevetta la prima macchinetta elettrica per il tatuaggio, rendendo improvvisamente obsolete le tecniche precedenti, più lente ma soprattutto molto più dolorose. Un enorme impulso alla diffusione del tatuaggio si deve anche all’opera di Norman Collins, meglio conosciuto come “Sailor Jerry”, una vera e propria leggenda nel mondo dei tattoos. Quello a cui diede vita, fondendo tradizione ed innovazione, fu uno stile unico del tutto nuovo per l’epoca, che reinventava i classici temi del folklore nautico americano e che li “sdoganava” anche al di fuori del mondo dei marinai. Negli anni ’60 e ’70 poi quei disegni tatuati passarono a diventare anche simbolo di punk, mods, skinheads e di altri movimenti che si svilupparono a partire dalla attivissima Londra per poi diffondersi in tutto l’occidente.
Da allora gli stili di tatuaggio si sono moltiplicati, dall’Old School di Sailor Jerry al New School, dal tribale al lettering, dal floral al watercolor, passando per i realistici, i cartoon, i giapponesi, e quello del tattoo è un panorama in continua evoluzione. Complice anche l’esempio di celebrities e star che ne sfoggiano di tutti i tipi, i tatuaggi sono divenuti oggi una moda molto popolare, un fenomeno di costume che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo, che si fanno tatuare principalmente per motivi estetici, senza però disdegnare, almeno in alcuni casi, una simbologia forte che richiama i sensi più arcaici della storia del tatuaggio.
I tatuaggi: una vera e propria forma d’arte
l tatuaggi sono una decorazione pittorica, di norma permanente, prodotta sul corpo dell’uomo. Può essere effettuata in molti modi, ma nella sua forma più diffusa la tecnica consiste nell’introduzione di inchiostro negli strati sottocutanei.
Nelle diverse culture i tatuaggi vengono creati con metodi e strumenti differenti; si va dalle tecniche orientali, dove i pigmenti vengono fatti penetrare nella pelle mediante aghi fissati a bacchette di varie lunghezze che vengono fatte scorrere avanti e indietro, fino alla tecnica più diffusa in occidente, che si avvale di una macchinetta elettrica a cui sono fissati degli aghi che, grazie al movimento della macchinetta stessa, entrano nella pelle rilasciando il pigmento nel derma. I tatuaggi sono una tradizione antichissima, comune a quasi tutte le culture del mondo, ed hanno sempre avuto un significato simbolico molto forte.
Anche se oggi la loro valenza è principalmente estetica ed ornamentale, sono in tanti quelli che scelgono di tatuarsi un soggetto per il suo valore simbolico e personale, e optano per un tipo di tatuaggio piuttosto che per un altro per rimarcare la propria appartenenza ad un certo gruppo sociale; in questo senso, appare particolarmente importante orientarsi tra i tanti tipi di tatuaggi che si possono realizzare.
Tipi di tatuaggi
Al Subliminal Tattoo ‘N Soul di Monza, grazie alla collaborazione con bravissimi artisti italiani e stranieri, vengono praticati con successo tutti gli stili di tatuaggio, per cui la scelta dell’aspetto grafico del proprio tattoo sarà molto ampia.
Ogni tipo di tatuaggio ha dei temi ricorrenti e particolari, ma molti soggetti possono essere raffigurati in diverse vesti grafiche, la scelta dipenderà dal gusto personale e gli artisti del Subliminal Tattoo ‘N Soul saranno felici di darvi qualche consiglio.